giovedì 25 agosto 2011




Chicago - Stati Uniti -

SCOPERTA LA CAUSA PRINCIPALE della SLA

Secondo una ricerca appena pubblicata su Nature, la malattia sembra essere causata da una disfunzione del sistema di riciclaggio cellulare. Un team della Northwestern University Feinberg School of Medicine ha individuato un difetto nel modo in cui le cellule nervose del cervello riciclano le proteine che dovrebbero costituire il proprio edificio cellulare. In pratica le cellule non riescono piu' a riparare se stesse e cominciano a danneggiarsi.




















8 commenti:

Fabio e Fabrizio ha detto...

Londra, 12 ago. - Individuata la causa della sclerosi laterale amiotrofica (Sla), la piu' comune forma di malattia del motoneurone. Secondo una ricerca appena pubblicata su Nature, la malattia sembra essere causata da una disfunzione del sistema di riciclaggio cellulare. Un team della Northwestern University Feinberg School of Medicine ha individuato un difetto nel modo in cui le cellule nervose del cervello riciclano le proteine che dovrebbero costituire il proprio edificio cellulare. In pratica le cellule non riescono piu' a riparare se stesse e cominciano a danneggiarsi. La Sla colpisce circa 350.000 persone in tutto il mondo, tra cui bambini e adulti, e circa la meta' delle persone muoiono entro tre anni dalla sua insorgenza. Il malfunzionamento individuato dai ricercatori avviene nel sistema di riciclaggio delle cellule nervose nel midollo spinale e nel cervello. Per funzionare correttamente, le proteine (i mattoni della cellula) devono essere riciclate a livello cellulare. Ma nella Sla questo sistema risulta compromesso. La cellula non riesce a riparare se stessa e cosi' si danneggia gravemente. Gli scienziati americani hanno scoperto che una proteina, ubiquilin2, responsabile di indirizzare il processo di riciclaggio, non funziona nelle persone affette da Sla. Questo significa che le proteine danneggiate si accumulano nelle cellule nervose del midollo spinale e del cervello, provocando cosi' la loro degenerazione. I ricercatori hanno verificato che questa ripartizione avviene in tutte e tre le forme di Sla - ereditaria, non ereditaria, e Sla con demenza. "Conosciamo da tempo che il sistema di riciclaggio dei rifiuti cellulari e' coinvolto nella malattia, ma questa e' la prima volta che vi e' stata una prova diretta", ha detto Belinda Cupido, responsabile dello sviluppo di ricerca presso l'UK's Motor Neurone Disease Association. L'autore dello studio, Teepu Siddique, ha dichiarato: "Questa ricerca apre un campo completamente nuovo per trovare una cura efficace per la SLA. Ora possiamo testare farmaci che regolano questo percorso di proteine e provare a ottimizzarlo". Secondo i ricercatori la scoperta potrebbe avere un ruolo importante anche in altre malattie neurodegenerative, tra cui la demenza e il morbo di Parkinson

Fabio e Fabrizio ha detto...

24 agosto 2011
Buone notizie sul fronte medico: è finalmente stata scoperta la causa della Sla, la Sclerosi Laterale Amiotrofica. Il problema sembrerebbe essere legato al malfunzionamento del sistema cellulare di riciclaggio delle proteine nel midollo spinale e nel cervello in grado, normalmente, di sostituire le cellule malate con quelle sane, difendendo il nostro organismo da queste malattie.

A dare un "volto" ai colpevoli di questa patologia sono stati i ricercatori della Feinberg School of Medicine della Northwestern University di Chicago, negli Stati Uniti. Lo studio, pubblicato dalla rivista Nature, sostiene che il mancato riciclaggio delle proteine è la causa alla base di qualsiasi forma di Sla, familiare, sporadica o legata alla demenza che sia.

Spiegano i ricercatori che il mancato funzionamento di questo sistema è dovuto all'inattività della proteina ubiquilina 2 che determina l'accumulo delle proteine danneggiate della stessa ubiquilina 2 in agglomerati che finiscono per causare la degenerazione dei neuroni.

Come spiega Teepu Siddique, supervisore della ricerca, questa scoperta è il preludio di nuovi esperimenti in merito al trattamento di questa malattia. L'obiettivo, infatti, sarà testare nuovi farmaci che possano essere in grado di regolare il sistema di riciclaggio e di ottimizzarlo, garantendone un efficace funzionamento. Inoltre, i ricercatori non escludono che questa scoperta possa risultare utile anche nella cuura di altre malattie neurodegenerative come l'Alzheimer e il Parkinson per le quali è fondamentale rimuovere le cellule danneggiate.
Spiegano i ricercatori che il mancato funzionamento di questo sistema è dovuto all'inattività della proteina ubiquilina 2 che determina l'accumulo delle proteine danneggiate della stessa ubiquilina 2 in agglomerati che finiscono per causare la degenerazione dei neuroni.

Come spiega Teepu Siddique, supervisore della ricerca, questa scoperta è il preludio di nuovi esperimenti in merito al trattamento di questa malattia. L'obiettivo, infatti, sarà testare nuovi farmaci che possano essere in grado di regolare il sistema di riciclaggio e di ottimizzarlo, garantendone un efficace funzionamento. Inoltre, i ricercatori non escludono che questa scoperta possa risultare utile anche nella cuura di altre malattie neurodegenerative come l'Alzheimer e il Parkinson per le quali è fondamentale rimuovere le cellule danneggiate.

Anonimo ha detto...

Meno di due mesi qua su questo sito avanzammo l’ipotesi che il mal funzionamento del “servizio di raccolta e distruzione” dei rifiuti cellulari potesse essere alla base dei disturbi neurodegenerativi tipici di malattie rare o altre più conosciute come l'Alzheimer e il Parkinson..
L’ipotesi teneva conto sia dei risultati del metodo Zamboni che degli studi del dr. Andrea Ballabio.

Ora un nuovo studio pubblicato su Nature e compiuto alla Northwestern University (Chicago) mostra come in realtà il meccanismo di base possa essere effettivamente lo stesso.
Il meccanismo potrebbe essere tipico non solo della Sla ma anche di altre malattie neurodegenerative come l’Alzheimer, la demenza frontotemporale e il Parkinson.

L’imputata è l’ubiquilina 2, una proteina che dovrebbe avere il ruolo di prendere le proteine difettose e portarle al di fuori della cellula per lo smaltimento; cosa che però non accade quando l’ubiquilina non funziona correttamente.
Il malfunzionamento della proteina generebbe l’accumulo degli scarti con il conseguente danno neurologico.

Questa conferma potrebbe accelerare la ricerca di un farmaco in grado di riportare alla ragione la proteina scansafatiche.

Pino ha detto...

Io continuo a chiedermi una cosa: perchè non si pensa che il malfunzionamento della proteina ubiquilina2, insorge conseguentemente alla sclerosi laterale amiotrofica?
Come anche tutte le altre alterazioni, difetti, o mutazioni genetiche riscontrate fino ad ora?

IL MALFUNZIONAMENTO DELLA PROTEINA UBIQUILINA2, E' UN'EFFETTO BIOCHIMICO CEREBRALE DELLA SLA, NON LA CAUSA.

Scusate, ma devo ripetere che, la Sla è causata dalla carenza dell'ossigeno disciolto paramagnetico nel sangue.
Se i medici e i ricercatori non capiscono questa che io credo sia
un'assoluta realtà, si continueranno a scoprire nuove alterazioni o malfuzionamenti nella biochimica del Cervello, senza però capire qual'è la causa reale della malattia neuromuscolare Sla, e di altre malattie neurodegenerative.

Anonimo ha detto...

Ancora un successo nella ricerca sulla Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA). Se per questa malattia non si è ancora trovata una terapia efficace sembra, però, che ci si avvicini sempre di più a comprenderne i meccanismi patogeni, un passo fondamentale per poter poi sviluppare terapie. Dopo lo studio pubblicato pochi giorni fa su Nature da un gruppo di ricercatori americani, ora a gettare nuova luce sulla patogenesi è un nuovo studio, anche questo americano, recentemente pubblicato su Nature Biotechnology. Isolando le cellule del tessuto spinale di pazienti deceduti da pochi giorni, un team di ricercatori finanziati dal National Institutes of Heath (NIH) ha sviluppato un nuovo modello per la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA). Attraverso questo procedimento i ricercatori hanno dimostrato che le cellule chiamate astrociti (cellule della glia, che costituiscono il sistema nervoso unitamente ai neuroni) secernono fattori tossici che causano la disgregazione delle cellule nervose. In passato lo stesso risultato era stato riscontrato su un modello murino, applicato unicamente alla SLA di tipo familiare, forma che rappresenta però solo una piccola percentuale di casi. I ricercatori del NIH hanno ora analizzato gli astrociti derivanti da pazienti deceduti per entrambe le tipologie di SLA, confermando così il loro ruolo per tutte e due le forme della malattia.


Per questo tipo di sperimentazione sono state isolate le cellule neurali progenitrici dal tessuto dei pazienti, e indotte a trasformarsi in astrociti. Successivamente il team ha combinato gli astrociti derivanti dai pazienti umani con i motoneuroni murini. In un primo momento i motoneuroni sono cresciuti normalmente ma dopo 4 giorni si è avviato il processo degenerativo. 
Dopo 5 giorni il numero di motoneuroni era ridotto alla metà rispetto al gruppo di controllo. 
I risultati sono stati molto simili sia che si trattasse di colture provenienti da pazienti affetti da SLA familiare che sporadica. Ciò suggerisce che gli astrociti abbiano rilasciato una o più sostanze, ancora sconosciute, tossiche per i motoneuroni.
Probabilmente, si afferma nello studio, anche le risposte infiammatorie sono una variabile nella SLA. I ricercatorii, infatti, hanno analizzato 84 geni coinvolti nel processo infiammatorio, riscontrando che il 35-60 per cento degli stessi ha mostrato un incremento dell’attività negli astrociti dei pazienti affetti da SLA. Studi precedenti avevano dimostrato che la mutazione del gene SOD1, che codifica la superossido dismutasi, gioca un ruolo importante nella tossicità degli astrociti. Alla luce dello studio in questione dunque il gene SOD1 ha un ruolo importante nella progressione della SLA.


“E' stata una strada lunga, ma il lavoro duro inizia adesso – ha commentato Brian Kaspar, ricercatore del Reserch Institute del Nationwide Children di Columbus, Ohio, che ha coordinato lo studio - Dobbiamo ancora affrontare le questioni fondamentali su quanto accade agli astrociti e su come siano in grado di uccidere i motoneuroni. L’obiettivo finale è quello di identificare terapie che si possano applicare agli esseri umani". I tessuti umani da cadavere per questo studio sono stati forniti dal National Disease Reserch Interchange, un’organizzazione no profit che consente di donare i tessuti a scopo di ricerca.

Pino ha detto...

Vorrei aggiungere il mio commento riguardo alla mutazione del gene SOD1.

Precedenti indicazioni dell'Associazione svizzera ASRIM, la quale studia le cause della Sla,
suggeriscono che, il gene SOD1 agisce NEL CONTROLLO DEL METABOLISMO DELL'OSSIGENO, questa indicazione, continua l'ASRIM, SUGGERISCE CHE INTERVIENE UN'ANOMALIA DEL METABOLISMO DELL'OSSIGENO NELLO SVILUPPO DELLA MALATTIA NEUROMUSCOLARE SLA.

L'ASRIM non lo dice, però, UN'ANOMALIA CHE RIGUARDA L'OSSIGENO NEL SANGUE, a me suggerisce che può esserci una carenza dell'ossigeno disciolto paramagnetico nel sangue.

Questa è la mia teoria già in parte scritta: a seguito della carenza dell'ossigeno disciolto, causata dalle frequenti desaturazioni di ossigeno insorte nelle persone le quali, svolgendo le attività occupazionali affaticanti e continuate, respiravano insufficientemente, LE MEMBRANE CELLULARI A CAUSA DELLA CARENZA DELL'EFFETTO PARAMAGNETICO DELL'OSSIGENO DISCIOLTO, NON POSSONO GENERARE GLI IMPULSI ELETTROCHIMICI CHE DETERMINANO L'AZIONE MOTORIA, automaticamente se la carenza dell'ossigeno disciolto si ripete nel tempo, i Motoneuroni della Corteccia Cerebrale, si DISATTIVANO PROGRESSIVAMENTE, conseguentemente si disattiveranno anche i geni (come per esempio il SOD1) preposti al metabolismo dell'ossigeno dei Motoneuroni, causando l'accumulo dello stress ossidativo sui Motoneuroni, i quali in questo modo, si DETERIORANO DEFINITIVAMENTE.

Riepilogando,

1) RESPIRAZIONE INSUFFICIENTE DELLE PERSONE A CAUSA DELLE OCCUPAZIONI AFFATICANTI.

2) FREQUENTI DESATURAZIONI

3) CARENZA DI OSSIGENO DISCIOLTO PARAMAGNETICO NEL SANGUE.

4) MEMBRANE CELLULARI IMPOSSIBILITATE A GENERARE GLI IMPULSI ELETTROCHIMICI (potenziali di azione).

5) DISATTIVAZIONE PROGRESSIVA DEI MOTONEURONI DELLA CORTECCIA CEREBRALE.

6) CONSEGUENTE DISATTIVAZIONE DI TUTTI I GENI PREPOSTI ALLO SMALTIMENTO DEI RIFIUTI CELLULARI,
O NEL CONTROLLO DEL METABOLISMO DELL'OSSIGENO,
(come per esempio il SOD1, o il gene "malfunzionante", in realtà disattivato dell'ubiquilina2 scoperto pochi giorni fa).

7) CONSEGUENTE DETERIORAMENTO PROGRESSIVO DELLE CELLULE NEURONALI.

Voglio dire, quello che ancora i medici non hanno considerato è che prima insorge la Sla a causa della carenza dell'ossigeno disciolto, POI, tutte le disattivazioni (mutazioni) dei geni riscontrate finora.

Un saluto.

Anonimo ha detto...

POSSO SOLO DIRE
GRANDE GRANDISSIMO PINO

Anonimo ha detto...

Uno studio finanziato da Telethon dimostra un possibile meccanismo coinvolto nella sclerosi laterale amiotrofica.

Pulizia della cellula non fatta a dovere: sembra essere questo uno dei meccanismi alla base della sclerosi laterale amiotrofica, grave malattia neurodegenerativa dalle cause ancora in gran parte sconosciute. È quanto emerge da uno studio finanziato da Telethon e pubblicato sulla rivista Human Molecular Genetics* da Caterina Bendotti dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri e Silvia De Biasi dell’Università degli Studi di Milano. Il lavoro si inserisce nel contesto di un ampio progetto di ricerca incentrato sulla patogenesi della Sla, a cui partecipa anche Angelo Poletti, del Centro di Eccellenza per lo studio delle malattie neurodegenerative dell’Università di Milano.

Nei malati di Sla si assiste a una progressiva perdita dei motoneuroni, le cellule nervose che controllano i muscoli responsabili di attività fondamentali come movimento, linguaggio, deglutizione e respirazione. Da tempo i ricercatori sanno che nei motoneuroni colpiti dalla malattia sono presenti proteine dalla struttura anomala, il cui accumulo può provocare il malfunzionamento e quindi la morte di queste cellule. In condizioni normali, infatti, le cellule controllano in modo molto accurato qualsiasi proteina prodotta, regolando in particolare la demolizione di quelle danneggiate o alterate tramite vie metaboliche specializzate. Una di queste vie è quella che gli scienziati chiamano proteasoma, un insieme di enzimi che di fatto "digerisce" le proteine da eliminare, rendendole innocue.

Lo studio di Bendotti e De Biasi dimostra che nella Sla si ha effettivamente un difetto nell’a ttività del proteasoma. La dimostrazione è stata effettuata nel modello animale della malattia, un topo geneticamente modificato che produce una forma mutata della SOD1 (responsabile di circa il 20% delle forme ereditarie di Sla) e che presenta un decorso clinico e delle alterazioni cellulari simili a quelli che si riscontrano nell’uomo. Sfruttando la proteina fluorescente GFP (acronimo che sta per green fluorescent protein - tecnologia che ha valso il premio Nobel 2008 per la chimica ai suoi scopritori) i ricercatori hanno potuto visualizzare i motoneuroni malati in cui il complesso del proteasoma era malfunzionante. Questi risultati confermano quelli già ottenuti nel 2007 dallo stesso gruppo sulle singole cellule portatrici della proteina SOD1 mutata.

La scoperta apre la strada a una possibile strategia terapeutica, basata sull’individuazione e sull'applicazione di sostanze in grado di supportare e rinforzare l'attività detossificante del proteasoma. Una sorta di "aiutanti" in grado di favorire maggiormente l'eliminazione delle proteine tossiche che le cellule malate da sole non riescono a distruggere. I ricercatori sono infatti già al lavoro per sperimentare - per il momento solo su modelli di laboratorio - l’efficacia di alcune sostanze già note per avere questa capacità, nella speranza che non siano tossiche e che possano rallentare il decorso della patologia.

* C. Cheroni, M. Marino, M. Tortarolo, P. Veglianese, S. De Biasi, E. Fontana, L. Vitellaro Zuccarello, C. Maynard, N. Dantuma, C. Bendotti, Functional alterations of the ubiquitin proteasome pathway in motor neurons of a mouse model of familial Amyotrophic Lateral Sclerosis. Human Molecular Genetics, 2009; 18: 82-96.