mercoledì 1 settembre 2010


Identificato nuovo gene
nella SLA sporadica,
è presente in oltre 90% casi

4 commenti:

Fabio e Fabrizio ha detto...

L'equipe dell'Istituto auxologico di Milano, guidata da Vincenzo Silani, ha inoltre completato la raccolta del Dna di 2 mila malati italiani con Sla sporadica per poter scattare una 'fotografia genetica' esclusivamente mirata ai pazienti della Penisola
Nuovo importante passo nella comprensione della sclerosi laterale amiotrofica (SLA): identificato un gene della sporadica, la forma presente in oltre il 90% dei casi. Una vasta ricerca multicentrica, frutto della collaborazione di 8 Paesi europei ed extraeuropei (Regno Unito, Stati Uniti, Olanda, Irlanda, Italia, Francia, Svezia e Belgio) appare nell'ultimo numero di Lancet Neurology e rappresenta una tappa fondamentale nell'identificazione dei geni responsabili della Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), attraverso la tecnica Genome-Wide (GWA) in grado di analizzare quasi un milione di varianti genetiche differenti in una popolazione di pazienti affetti da SLA sporadica, di una regione "calda" del genoma. "Lo studio di GWA", spiega Vincenzo Silani, direttore del Dipartimento di neuroscienze dell'Auxologico di Milano, tra gli autori della ricerca, "ha permesso di identificare una regione localizzata sul cromosoma 9q21 quale responsabile oltre che della forma sporadica, anche della SLA associata a demenza fronto-temporale familiare.
Infatti, nella regione identificata sono localizzati alcuni geni conosciuti che ora necessitano di essere studiati con sequenziamento per la possibilita' di essere responsabili della malattia". Lo studio, condotto dagli studiosi inglesi del King's College di Londra in una serie di 599 pazienti Inglesi affetti da SLA sporadica e 4144 controlli sani, e' stato poi confermato in una piu' ampia serie di 4321 pazienti affetti da SLA e 8425 controlli raccolti in sette diversi paesi tra cui l'Italia. L'Irccs Istituto Auxologico, Universita' degli Studi di Milano e Centro "Dino Ferrari" hanno partecipato allo studio nell'abito di un vasto programma collaborativo internazionale volto alla definizione delle cause genetiche della SLA e grazie a uno stretto rapporto scientifico collaborativo tra il King's College di Londra e il Dipartimento di neuroscienze diretto dal neuroscienziato Vincenzo Silani.

Fabio e Fabrizio ha detto...

Inoltre, la neurogenetista Isabella Fogh, gia' ricercatrice dell'Auxologico, si trova attualmente presso il King's College di Londra nell'ambito di un progetto collaborativo tra i due centri di ricerca ed ha attivamente partecipato alla definizione dello studio. I ricercatori dell'Irccs Istituto Auxologico Italiano diretti da Vincenzo Silani hanno inoltre completato la raccolta di Dna di 2000 pazienti italiani affetti da SLA sporadica dopo avere creato con numerosi altri Centri italiani il Consorzio SLAGEN con l'intenzione di condurre uno studio di GWA autonomo italiano. Dopo avere completato l'analisi del Dna grazie anche alla tecnologia "Illumina" di cui l'Auxologico e' dotato, i dati sono ora all'interpretazione statistica per la definizione nella piu' vasta popolazione omogenea ad oggi analizzata di regioni cromosomiche associabili alla SLA mediante uno studio di GWA Italiano che andra' poi a confrontarsi con i dati della letteratura internazionale. "L'attuale scoperta pubblicata da Lancet Neurology", aggiunge Vincenzo Silani, "rappresenta un passo sostanziale verso la definizione delle cause eziopatogenetiche della SLA: solo attraverso questi passaggi obbligati potra' essere approntata una terapia per i pazienti.
I ricercatori dell'Irccs Istituto Auxologico Italiano in collaborazione con diversi Centri SLA in Italiana hanno dato recentemente grande impulso alla definizione dell'incidenza di mutazioni in diversi geni nei pazienti affetti da forme familiari di SLA. Questa ricerca avvicina ancor piu' il giorno in cui avremo chiarito i meccanismi patogenetici della SLA, dato che le forme sporadiche della SLA che giungono alla nostra attenzione di medici, rappresentano piu' del 90% del totale.
L'identificazione mediante tecnologie avanzate come il GWA di regioni cromosomiche associate alla patologia apre la corsa al sequenziamento della regione identificata con identificazione dei geni responsabili e dimostrazione della loro funzione in rapporto alla degenerazione motoneuronale specifica della malattia".

Anonimo ha detto...

Una collaborazione tra 8 paesi ha portato ad un grande passo nella lotta alla Sla (Sclerosi laterale amiotrofica). E' stato identificato un gene della sporadica, forma che si presenta in oltre il 90% dei casi. La ricerca, portata avanti contemporaneamente da Regno Unito, Stati Uniti, Olanda, Irlanda, Italia, Francia, Svezia e Belgio e pubblicata su Lancet Neurology, è stata svolta attraverso la tecnica Genome-Wide.



Tra gli studiosi anche quelli del Istituto auxologico italiano di Milano, dell'università Statale e del Centro Dino Ferrari del capoluogo lombardo. Con questa tecnica è stato possibile analizzare quasi un milione di diverse varianti genetiche in una popolazione di pazienti affetti da Sla sporadica. La nostra equipe, guidata da Vincenzo Silani, ha raccolto il Dna di 2 mila malati italiani.



La ricerca "ha permesso di identificare una regione localizzata sul cromosoma 9q21 quale responsabile oltre che della forma sporadica, anche della SLA associata a demenza fronto-temporale familiare - ha spiegato Silani -Infatti, nella regione identificata sono localizzati alcuni geni conosciuti che ora necessitano di essere studiati con sequenziamento per la possibilità di essere responsabili della malattia".

Anonimo ha detto...

Sclerosi laterale amiotrofica (Sla), distrofia muscolare di Duchenne e morbo d’Alzheimer. Tre malattie diverse, ma ugualmente incurabili a cui la ricerca sta cercando di dare una risposta. Ora tre nuovi studi, di cui due a partecipazione italiana, fanno ben sperare per il futuro di migliaia di malati in tutto il mondo. Lo studio sulla Sla ha permesso di identificare un gene chiave nello sviluppo della sua forma sporadica, quella che colpisce il 90% dei pazienti. Il gruppo di ricercatori, fra cui camici dell’Istituto auxologico di Milano, dell’Università Statale e del Centro Dino Ferrari del capoluogo lombardo, ha completato la raccolta del Dna di 2 mila malati italiani per poter scattare una «fotografia genetica» dei pazienti della Penisola. Lo studio, pubblicato su Lancet Neurology, ha sfruttato la tecnica Genome-Wide (GWA), in grado di analizzare quasi un milione di varianti genetiche differenti in una popolazione di malati. «Lo studio di GWA – spiega Vincenzo Silani, direttore del Dipartimento di neuroscienze dell’auxologico di Milano – ha permesso di identificare una regione localizzata sul cromosoma ‘9q21’ quale responsabile, oltre che della forma sporadica, anche della Sla associata a demenza fronto-temporale familiare. Infatti, nella regione identificata sono localizzati alcuni geni conosciuti che ora necessitano di essere studiati con sequenziamento per la possibilità di essere responsabili della malattia».

Lo studio sulla distrofia muscolare di Duchenne ha invece permesso di smascherare il comportamento subdolo della distrofina, una proteina che manca nei malati. Irene Bozzoni, professore ordinario di Biologia molecolare alla Sapienza Università di Roma che ha guidato lo studio (pubblicato su Cell Metabolism), ha scoperto che la funzione della distrofina nella cellula è più complessa di quella ipotizzata finora.

Prima i ricercatori pensavano che la distrofina svolgesse un ruolo puramente meccanico, ovvero che la sua assenza rendesse la membrana più fragile a ogni contrazione e più permeabile a fattori tossici esterni. Con il tempo questo fenomeno porta alla morte delle fibre muscolari e di conseguenza all’instaurarsi di un processo infiammatorio cronico, che a poco a poco sostituisce il muscolo con vere e proprie cicatrici di tessuto fibroso incapaci di contrarsi. Quello che invece ha dimostrato lo studio, finanziato da Telethon e Parent Project Onlus, è che, accanto a questo ruolo strutturale, la distrofina ha anche una funzione più sofisticata, cioè quella di controllare l’attività di altri geni che hanno un ruolo rilevante nello sviluppo della malattia.

Del tutto inaspettati i risultati del terzo studio condotto dalla Rockefeller University di New York e pubblicato sulla rivista Nature. Un farmaco che ha salvato molte vite dai tumori, il Gleevec, sembra in grado di inibire la formazione di quei velenosi «ammassi proteici», le placche beta-amiloidi, che invadono il cervello dei pazienti affetti dall’Alzheimer. La scoperta, firmata dal Nobel per la Medicina Paul Greengard, potrebbe aprire la strada a una classe di farmaci efficace contro l’Alzheimer