lunedì 9 novembre 2009


La testimonianza
di Chantal Borgonovo...
Sola con mio marito

2 commenti:

Fabio e Fabrizio ha detto...

Per me questa è una giornata molto triste, perché so che ci sono dei malati di SLA che hanno cominciato lo sciopero della fame per cercare di far sentire la loro voce per quanto riguarda lo stato di abbandono quasi completo da parte delle istituzioni, di chi dovrebbe interessarsi.
Mio marito ha avuto la diagnosi di SLA nel maggio del 2006, e devo dire con tristezza che a distanza di quasi quattro anni, per quanto riguarda l'assistenza e per quanto ci riguarda, non è cambiato assolutamente niente.
Noi viviamo in Lombardia, in provincia di Milano. Abbiamo come assistenza, da parte della ASL di nostra competenza, un voucher che comprende 5 accessi settimanali a scelta tra la fisioterapia e un infermiere che verrebbe a controllare le condizioni generali, a disinfettare PEG e tracheo. Mio marito ha scelto la fisioterapia anche perché l'infermiere, per 20 minuti al mattino, non ha senso perché la tracheo va disinfettata più volte al giorno in quanto molto spesso, durante l'aspirazione, fuoriesce del catarro e quindi non ha senso che l'infermiera venga per 20 minuti soltanto al mattino. Mio marito è stato dimesso dall'ospedale, dove è stato ricoverato per quattro mesi l'anno scorso, il 27 luglio 2008. E' tracheostomizzato e si nutre con un sondino.
Non ha avuto dimissioni protette, questo vuol dire che io , il 27 luglio 2008, mi sono trovata in casa, da sola, con una persona ventilata. Avevo due ventilatori, qualche cannula per l'aspirazione e qualche filtro. Mi mancava addirittura l'aspiratore, che è uno strumento che viene usato quasi ogni ora dal malato di SLA. Quindi un'ora dopo essere arrivata a casa con mio marito dimesso dall'ospedale, l'ho lasciato con uno dei miei figli, una ragazza di 18 anni, e sono andata nella mia ASL di competenza a chiedere del materiale ed in modo particolare l'aspiratore che mi serviva immediatamente. Devo dire che nella mia ASL ho sempre trovato persone molto disponibili e anche in quell'occasione sono stata fornita di quello che mi serviva. Ma sono stata anche fortunata perché il caso ha voluto che la ASL avesse ritirato il giorno prima l'aspiratore da un paziente che non ne aveva più bisogno.
Bisogna considerare che il paziente tracheostomizzato in ospedale viene aspirato soltanto da personale specializzato mentre a casa viene aspirato dalla moglie, dal marito, dal figlio o dalla badante quando la famiglia se la può permettere.
In Lombardia non è fornito nessun tipo di aiuto. Le famiglie vengono lasciate, per quanto riguarda l'assistenza, completamente sole. C'è un assegno che la regione Lombardia da al care giver, che sarebbe la persona di riferimento ed in questo caso io, di 500 euro. Ma se si pensa che una badante assicurata costa 1600 euro al mese, si fa in fretta a fare il calcolo. Oltretutto non tutti i materiali necessari alla cura del malato vengono forniti: i guanti monouso, le garze, le siringhe, i disinfettanti devono essere acquistati.
Questo è il quadro per quanto riguarda la casa, la famiglia. Siamo fra i 7 paesi più industrializzati al mondo: questo quadro è desolante. L'unica parola che mi viene in mente è desolante.
E' tempo che qualcuno, e mi riferisco alle istituzioni preposte, intervenga. Ma intervenga seriamente, in maniera propositiva perché non è più possibile che questi malati facciano questo tipo di vita e soprattutto i loro familiari perché intorno al malato c'è tutto un nucleo familiare, quindi non si parla di una persona, spesso si parla di cinque, sei, sette, otto persone. E' un'emergenza sociale a questo punto, ed è un'emergenza alla quale bisogna far fronte altrimenti succederanno sempre più fatti come quelli che stanno succedendo in questo momento, che una persona ammalata di SLA, ventilata, nutrita con un sondino, completamente immobile in un letto, per far sentire la sua voce - che non ha - debba far lo sciopero della fame. E' indecente.

Fabio e Fabrizio ha detto...

Ecco com'è una giornata

Mi è stato chiesto come è una giornata tipo di un malato, ma anche qui c'è un errore di fondo perché per un malato di SLA l'assistenza è necessaria 24 ore su 24. Quindi il concetto di giornata non è quello che si intende comunemente.
Stefano, mio marito, si sveglia verso le 7 del mattino. Immediatamente va aspirato e mobilizzato. Successivamente si procede alla pulizia quotidiana che richiede più di due ore. Ci sono poi le terapie, la somministrazione dei farmaci, la somministrazione dei liquidi tramite la PEG, c'è la disinfettazione della tracheo e della PEG, c'è la fisioterapia, c'è il controllo del ventilatore, dei tubi, dei filtri, si accende il computer in maniera che lui possa comunicare e poi comincia la giornata vera e propria ma a questo punto è mezzogiorno. Stefano poi riposa un paio d'ore, si assopisce e durante il pomeriggio scrive, guarda la televisione, riceve visite. Deve sempre avere una persona vicino a disposizione per qualsiasi esigenza perché deve essere aspirato continuamente, mobilizzato continuamente, ha le sue funzioni corporali come tutti e in questo modo si arriva a sera quando si prepara poi per la notte.
A casa mia la luce si spegne di solito verso le 2 di notte. Spesso, anche durante la notte, bisogna intervenire perché comunque ci può essere un braccio da spostare, ci può essere un'aspirazione da fare e gli può scappare la pipì. E la mattina dopo, qualche ora dopo quindi, si ricomincia. Bisogna far conto che tutto questo viene svolto molto spesso dai soli familiari, o dal marito o dalla moglie o dai figli perché non tutti possono permettersi di pagare un aiuto esterno.

Sette ore al pronto soccorso

A me l'anno scorso è capitato di dover portare Stefano al pronto soccorso, al Niguarda di Milano. Sette ore di attesa. Hanno tenuto mio marito per sette ore in attesa in una stanza piena di gente e i tracheostomizzati sono persone molto delicate, bisogna avere molta attenzione e non possono venire a contatto con persone malate perché per loro è estremamente pericoloso. Dopo sette ore è intervenuto il medico e l'intervento è consistito in un'operazione durata in tutto cinque minuti.
Qualche giorno dopo è successo che la PEG è uscita un'altra volta, a casa. Io ho visto negli occhi di mio marito il terrore per la paura di fare lo stesso calvario. L'ho fatto io, io che non sono un medico, ho preso il sondino e l'ho rimesso nello stomaco di mio marito.

Chantal Borgonovo