mercoledì 13 maggio 2009


Vettori lentivirali nella terapia genica delle malattie neurologiche

2 commenti:

Fabio e Fabrizio ha detto...

Terapia genica delle malattie neurologiche: applicazione dei vettori lentivirali

I vettori ricombinanti lentivirali sono potenti mezzi per il trasferimento genico al sistema nervoso centrale e possono trovare impiego nelle strategie di terapia genica per i disordini neurologici.

Poiché esistono diversi tipi di lentivirus, sono stati sviluppati sistemi vettori differenti.
Tuttavia, il vettore lentivirale ricombinante più comunemente impiegato si basa sul virus dell’immunodeficienza umana 1 (HIV-1).

I vettori lentivirali ricombinanti sono vettori di clonaggio a relativamente alta capacità in grado di tradurre le cellule che non si dividono.

È in corso lo sviluppo preclinico della terapia genica basata sulla sostituzione enzimatica e/o sul trasporto di fattori neurotrofici per le malattie neurodegenerative e delle manifestazioni a livello del sistema nervoso centrale delle malattie da accumulo lisosomiale.

Strategie neuroprotettive atte a trasportare i fattori GDNF ( glial cell line derived neurotrophic factor ) e CNTF ( ciliary neurotrophic factor ) per la malattia di Parkinson e la malattia di Huntington , in particolare, sono state coronate da successo in modelli animali.

I vettori lentivirali ricombinanti si sono dimostrati adatti a esprimere piccoli RNA interferenti per il trattamento in modelli di malattia di Alzheimer e sclerosi laterale amiotrofica. ( Xagena_2008 )

Lundberg C et al, Curr Gene Ther 2008; 8: 461-473

Link: Neurologia.net

Fabio e Fabrizio ha detto...

vettori retrovirali derivano principalmente dall’oncoretrovirus MoLV (“Moloney Leukemia Virus”). Questi vettori sono stati tra i primi ad essere sviluppati, grazie alla relativa semplicità di costruzione, alla loro capacità di trasdurre un’ampia varietà di tipi cellulari integrandosi all’interno del genoma e alla loro non patogenicità per l’uomo. Questi vettori sono in grado di accogliere fino a circa 7Kb di DNA esogeno contenente il transgene. Nonostante questi vantaggi, la divisione cellulare è un requisito indispensabile per permettere a questi vettori di trasdurre la cellula e di integrare il genoma e questo limita il loro utilizzo a bersagli cellulari che naturalmente o artificialmente siano in attiva proliferazione.
Per ovviare a questo problema, si è pensato di costruire vettori derivati da lentivirus, come HIV. A differenza degli oncoretrovirus, per i quali la divisione cellulare rappresenta un requisito indispensabile per l’integrazione nella cromatina della cellula infettata, i lentivirus hanno sviluppato l’abilità di integrarsi anche nella cromatina di cellule non proliferanti, grazie alla capacità del provirus di attraversare la membrana nucleare. Tramite tre generazioni di progressive modifiche e miglioramenti si è giunti ad un vettore lentivirale costituito da meno del 10% del genoma virale iniziale in cui sono presenti solo le sequenze necessarie a retrotrascrivere, trasferire ed integrare la cassetta di espressione nelle cellule bersaglio e sono assenti i geni per le proteine virali patogene. La costruzione di questi vettori ha raggiunto buoni livelli di biosicurezza, grazie anche all’inattivazione del promotore virale originale presente nelle LTR. I vettori lentivirali hanno dimostrato una buona efficienza di trasduzione sia in vitro sia in vivo, affiancando alle qualità dei vettori basati su oncoretrovirus la capacità di trasdurre cellule non in attiva proliferazione, come ad esempio gli epatociti (cellule del fegato), le cellule muscolari e le cellule staminali emopoietiche.
I vettori retrovirali e lentivirali possono essere modificati geneticamente in modo da esprimere sul pericapside proteine di superficie diverse da quelle presenti nei virus parentali. Questa operazione è detta pseudotipizzazione. Le proteine dell’”envelope”, legando differenti componenti proteiche delle cellule ospiti, determinano il tropismo del virus, cioè la sua capacità di penetrare in questo o quel tipo cellulare. La pseudotipizzazione consente quindi di modificare il tropismo del vettore, sia allargandolo, sia restringendolo a seconda dello scopo da perseguire.
Uno svantaggio dei vettori derivati da virus integranti come MoLV o HIV è rappresentato dal fatto che l’integrazione nel genoma avviene in modo non controllato e questo può comportare fenomeni di mutagenesi inserzionale. Può infatti accadere che il vettore si inserisca all’interno di un gene cellulare essenziale, determinandone la perdita di funzione e provocando la morte della singola cellula. Può anche accadere che il vettore si inserisca all’interno di geni oncosoppressori, inattivandoli, oppure in prossimità di protooncogeni, alterandone i profili di espressione e potenzialmente attivandoli quando non dovrebbero esserlo. In uno di questi ultimi due casi, la cellula contenente quella specifica integrazione potrebbe acquisire un vantaggio proliferativo sulle altre e dare origine a una popolazione cellulare espansa più prona alla trasformazione tumorale. Questa evenienza, per quanto rara, è da tenere in attenta considerazione nella scelta di un protocollo di terapia genica.
I vettori lentivirali di ultima generazione, a differenza dei loro predecessori (i vettori oncoretrovirali), stanno raggiungendo solo adesso le prime fasi di sperimentazione clinica, ma rappresentano una promessa di cura per molte malattie genetiche.